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  Galleria Umberto I  
     
 

In seguito all’epidemia di colera nel 1884 a Napoli, fu iniziata la costruzione della Galleria Umberto I. In seguito ad uno sventramento nei quartieri di Porto, Pendino, Mercato e Vicaria per la diffusione dell’epidemia venne eletta una commissione per esaminare le condizioni della popolazione e dei quartieri e provvedere ad una bonifica di alcune aree.
L'ingegnere Emanuele Rocco, autore della proposta che sarà realizzata, presentò due differenti progetti, il primo dei quali appare privo di qualsiasi interesse; nel secondo, invece, sull'area risultante dalle demolizioni s'innalzano quattro ampi edifici disimpegnati da una grande galleria in ferro e vetro di 1076 metri quadrati e larga 15 metri, progettata dall'ingegner Paolo Boubée; i quattro bracci, di diversa lunghezza, intersecandosi danno luogo ad una crociera ottagonale coperta da un'ampia cupola. Si conservano gli edifici più importanti e, all'altezza del S. Carlo, un porticato ad esedra non solo maschera all'esterno l'inevitabile sbocco in  diagonale della galleria, ma crea al tempo stesso uno slargo innanzi al teatro.


Ai fini della realizzazione del progetto, venne fatto un versamento, all'atto della sua presentazione, di una cauzione di 100.000 lire da parte della Società dell'Esquilino di Roma, quale futura ditta appaltatrice, i lavori procedettero celermente: il 10 novembre 1892 la galleria venne inaugurata solennemente dal sindaco Nicola Amore e, per l'occasione, si tenne un'esposizione di prodotti artistici, industriali e artigianali.


All'interno della galleria, il contrasto fra la struttura in ferro, anche questa volta limitata alla sola copertura, e le sottostanti lunghe facciate neorinascimentali è felicemente risolto con l'adozione di un unico procedimento per ambedue i materiali non tenendo conto della loro differente natura, nel preciso intento di sottolineare il valore strutturale degli elementi portanti. Si attua in tal modo una perfetta rispondenza tra l'intelaiatura dei pilastri in muratura e le arcuate sagome delle consistenti travature reticolari che insieme contribuiscono a caratterizzare l'opera.

 

La grande struttura in ferro e vetro divenne il simbolo della classe borghese e dell'avvenire capitalistico della città contrapponendosi, anche visivamente nel panorama urbano, alle emergenze architettoniche delle passate classi dominanti.
Semplici elementi decorativi in ferro seguono l'andamento delle arcate d'imposta infittendosi in corrispondenza dei pennacchi dove angeli in ghisa danno risalto al nodo strutturale. All'incrocio dei bracci sedici travature reticolari costituiscono l'ossatura dell'ampia cupola e, partendo da un anello in ferro decorato da stelle, si collegano al centro mediante un altro elemento circolare a sua volta sormontato da una copertura vetrata. La stessa contenuta impostazione viene perseguita nelle facciate esterne; qui un alta pilastrata, comprendente tre piani con ampie vetrate, fa da base alla liscia superficie superiore; un carattere enfatico e rappresentativo si riscontra unicamente sul prospetto principale, di fronte al S. Carlo, riccamente ornato di statue in marmo e nicchie.
 

 
     
     
     
 
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